
Viaggio in Amazzonia: Visita alla comunità indigena di Gamboa
Fare un viaggio in Amazzonia e visitare una comunità indigena è sempre stato nella mia lista delle cose da fare almeno una volta nella vita. Ma ad una sola condizione: non volevo visitare una comunità sovraffollata dal turismo di massa dove i nativi inscenano balli tipici o rituali indigeni fittizi. Io volevo vivere la vera Amazzonia. Volevo vivere come loro, mangiare quello che mangiavano loro e sentirmi parte della comunità. Insomma, volevo vivere in una totale scomfort zone!
Per questo motivo, dopo aver passato quattro giorni a Leticia, ovvero la porta d’ingresso dell’Amazzonia colombiana, iniziai a cercare su internet popoli indigeni non invasi dai turisti. In quel momento riuscii a trovare solo tour organizzati alle comunità più famose della zona. Tuttavia, lessi di un popolo non troppo lontano da Leticia (circa due ore in canoa), presso il quale si poteva ancora vivere l’esperienza locale, lontano dal turismo di massa: la comunità indigena di Gamboa.
Ora vi chiederete: E come ci sei arrivata se per Gamboa non partono tour organizzati? Ebbene, dopo aver scoperto dell’esistenza di questa comunità, mi recai al porto di Leticia, ed iniziai a chiedere informazioni ai pescatori. E fu in quel momento che conobbi Juan, un dolcissimo pescatore peruviano proprietario di un’imbarcazione, il quale accolse subito la mia richiesta di accompagnarmi con la sua canoa fino a Gamboa. All’inizio non era molto convinto. “Siete proprio sicure di voler andare voi due da sole, senza una guida?”, io e la mia amica rispondemmo subito di si senza battere ciglio.

Il porto di Leticia
Mi ero informata, e sapevo che Gamboa – nonostante non fosse molto turistica – era una comunità sicura. Ma non tutte le comunità lo sono: quanto più ti addentri nella foresta, più rischi che gli indigeni ti facciano del male. Ma questo non era il caso di Gamboa, perché gli indigeni di questa comunità sono già abbastanza integrati nella società.

La comunità indigena di Gamboa
In questo articolo
Viaggio da Leticia a Gamboa in canoa
Alle 8 del mattino del giorno dopo Juan ci stava aspettando per imbarcarci in questa nuova e misteriosa avventura. Ero emozionata e allo stesso tempo un po’ in ansia, in quanto non sapevo cosa mi aspettasse una volta arrivata a Gamboa.
Durante il viaggio Juan ci raccontò alcuni aneddoti sull’Amazzonia, ed intanto guardavamo meravigliate le palafitte sull’acqua che ci circondavano. Con un po’ di fortuna riuscii anche a vedere un delfino rosa saltare in acqua ed altri animali volanti che non avevo mai visto in vita mia.

In canoa verso Gamboa
Una volta arrivati a destinazione, Juan non se la sentiva di lasciarci da sole, e allora decise di accompagnarci sulla terraferma per controllare la situazione.
Il fiume Gamboa (che da il nome al popolo) è un affluente del rio delle Amazzoni. Si tratta di un fiume più stretto e isolato che ci regalò immagini emozionanti di palafitte di legno costruite accanto a palme e banani che riflettevano la loro immagine nell’acqua.
Durante quel viaggio in canoa, mi resi conto di quanto gli esseri umani siamo insignificanti davanti all’immensità della natura.
Viaggio in Amazzonia: L’esperienza di vivere in una comunità indigena
Penso di non essermi mai sentita così tanto osservata in tutta la mia vita. Una volta arrivati nel piccolo porto di Gamboa, la prima scena che vidi davanti agli occhi era un uomo anziano sull’ottantina che stava costruendo una canoa. Accanto a lui c’era una donna altrettanto anziana che dava da mangiare alle galline. “Ma dove sono capitata?”, pensai. Gamboa era esattamente quello che stavo cercando dal mio viaggio in Amazzonia!
Facemmo un giro per la comunità insieme a Juan, ed io avevo già ceduto all’incantesimo dell’Amazzonia. Era tutto così diverso rispetto al mondo che conoscevo io. Per cominciare, non c’era copertura, e quasi nessuno possedeva un cellulare. Inoltre, l’elettricità era presente solo tre ore al giorno, dalle 18 alle 21, tramite il generatore del villaggio.

La scuola e la chiesa di Gamboa
Arrivammo a Gamboa senza sapere dove dormire. Ma poi conoscemmo Jessica, una dolcissima ragazza che insieme alla sua famiglia si dedica ad incrementare il turismo della comunità: lei si occupa di offrire vitto e alloggio ai turisti, mentre i suoi fratelli e suo cugino organizzano i tour sul fiume e nella foresta. Ma la vera star della famiglia era la figlia di Jessica, una bellissima bambina di 11 anni con cui mi sono divertita tantissimo durante il mio viaggio in Amazzonia.
Per chiunque voglia fare un viaggio in Amazzonia e visitare questa comunità, potete trovare il numero di Jessica sulla foto sottostante:
Viaggio in Amazzonia: Tour notturno sul Rio delle Amazzoni a caccia di coccodrilli
Dopo aver passato la giornata a visitare il luogo e a chiacchierare con gli abitanti della comunità, ci preparammo per la prossima avventura notturna. Stavolta la prova di coraggio fu un po’ più intensa del solito: uscimmo in canoa per avvistare i coccodrilli nel loro habitat naturale, ai piedi del fiume.
Le rane e i grilli dominavano sovrani in termini di intensità sonora, insieme al caratteristico bagliore delle lucciole che sembravano delle piccolissime torce accese che ballavano tutte sincronizzate.
La mezza luna illuminava il fiume e la vegetazione. Non potevamo usare torce, solo il capitano poteva, nel caso in cui si rendesse conto della presenza di un coccodrillo.
Sentivo l’acqua a ogni colpo di remo, potevo toccarla. Era fredda ma non troppo. Toccavo la vegetazione, mi sentivo un tutt’uno con la natura. Ero nel bel mezzo della foresta amazzonica tra Perù e Colombia, era da non credere, mi sentivo come in un film d’avventura.
I coccodrilli dell’Amazzonia
Per chi non lo sapesse, i coccodrilli si nascondono durante il giorno, ma i loro occhi incandescenti li tradiscono di notte, ed è per questo che si riesce ad avvistarli quando cala l’oscurità.
Ivan, la nostra guida, ha solo 26 anni ma è un esperto di questa zona. Il fiume è il suo habitat naturale e non c’è coccodrillo che possa scampargli. Durante la traversata iniziò a raccontare incredibili aneddoti sui coccodrilli della zona. Secondo il suo racconto, in una notte amazzonica di qualche anno fa, era andato a caccia di coccodrilli con i compagni della sua tribù. Mentre navigavano le acque del fiume, si resero conto che un coccodrillo enorme di circa cinque metri li stava avvicinando. Riuscirono a catturarlo, per poi ucciderlo con i loro arpioni e arrostirlo sul fuoco per mangiarlo. Infine, per ricordare il grande avvenimento, Ivan conservò l’enorme testa del coccodrillo e tutt’oggi la tiene come trofeo esposta in casa sua. Quando me la mostrò, non potetti fare a meno di scattare una fotografia. Ed ora la mostro anche a voi.
E proprio mentre Ivan raccontava la storia del coccodrillo di cinque metri, improvvisamente accelerò la canoa e ci informò di aver avvistato un coccodrillo. Si avventò su di esso, ma non riuscì ad afferrarlo. Intanto, per l’impatto della canoa contro la riva del fiume, un cespuglio di spine stava per tagliarmi il braccio sinistro. Ma lui si fiondò di colpo su di me per proteggermi da quella che sarebbe potuta diventare una tragedia. Infatti, per aiutare me, Ivan tornò a casa con cinque spine conficcate nella gamba con tanto di sangue che scorreva fino al piede.
Nonostante l’incidente, Ivan decise di voler continuare il tour, voleva farci vedere da vicino almeno un coccodrillo. Un vero duro, non trovate? Ai ragazzi occidentali basta avere 37 di febbre per disperarsi! 🙂
Dopo pochi minuti riuscimmo ad avvistare un altro coccodrillo, stavolta molto più piccolo del precedente. Ivan lo afferrò con entrambe le mani e lo mostrò con soddisfazione. “Ecco un bebè coccodrillo!”, disse. “Questi sono i suoi denti, le sue zampe, la sua pancia, le sue squame”, spiegò; gli mosse le palpebre e continuò: “questi sono i suoi occhi durante il giorno, questi invece durante la notte”.
Mentre ce lo mostrava, il coccodrillo fece un salto inaspettato e cadde sul sedile della canoa. Naturalmente, dopo averlo recuperato lo rimettemmo subito in acqua senza fargli del male.
Storie e leggende di Gamboa
Una volta tornati a casa, davanti a un paio di birre Ivan ci raccontò incredibili storie sulla sua comunità: delfini che ingravidano le donne mentre dormono, serpenti che divorano neonati e rane che ingravidano le donne che lavano i loro slip mestruati nel fiume.
Tutte leggende a cui lui credeva davvero, per cui non ci provai neanche a contraddirlo. Tra tutte, mi rimase particolarmente impressa una storia, perché l’aveva vissuta sulla sua pelle. Durante un normalissimo giorno di caccia, Ivan – nonostante sappia orientarsi perfettamente nella foresta – si perse nella sua immensità. Per tre giorni e tre notti fu costretto a mangiare animali vivi, bere acqua dagli alberi e dormire sulla cima degli alberi per scampare ai giaguari, i quali se vedono un umano non gli fanno di certo le coccole ma lo sbranano seduta stante. Ivan non si diede per vinto, e riuscì a sopravvivere all’avvenimento. Quanti di noi potrebbero dire la stessa cosa?
Dopo aver ascoltato le storie di Ivan per diverse ore, una fresca nottata ci attendeva: dormimmo nella rustica ma comoda casa di Jessica, la sorella di Ivan, la quale offre ai pochi turisti che visitano la comunità camere private e condivise munite di letto, finestra, e zanzariere.
Chiusi gli occhi ripensando alla bizzarra giornata che avevo passato, quello era esattamente il viaggio in Amazzonia che volevo vivere. Mi addormentai felice coccolata dal suono della natura più incontaminata che abbia mai visto in vita mia.
Tour diurno nella foresta durante il mio viaggio in Amazzonia
Al mattino dopo ci svegliamo con le prime luci dell’alba e il fastidioso chicchirichì delle galline (l’unica cosa che non mi manca del mio viaggio in Amazzonia!). Ivan si offrì di farci fare un tour nella foresta senza chiedere soldi in cambio. Confesso che è stato più faticoso camminare due ore nella foresta amazzonica che fare il trekking di otto ore sul vulcano Acatenango in Guatemala! L’umidità, i mosquitos, il fango, e le numerosissime foglie e piante nella terra rendono la camminata estremamente pesante.
Ed ecco che, curiose di scoprire i segreti più nascosti del polmone del mondo, ci addentrammo nella giungla più impenetrabile del pianeta con una guida indigena armata di machete (che mi ha lasciato usare per provare a tagliare un albero!).
La fitta vegetazione ci costrinse a chinare la testa più volte per evitare di urtare i rami o le viti sporgenti. Nei casi peggiori, Ivan tagliava i rami per farci passare.
Foglie di tutte le forme e dimensioni immaginabili si mescolavano in questa fitta giungla, senza lasciare spazi vuoti. I numerosi fiori rossi, bianchi, viola e arancioni regnavano sovrani. Ivan addirittura mi fece una corona con un ramo e dei bellissimi fiori rosa.
Più di 1000 specie diverse di uccelli abitano l’Amazzonia, dove hanno trovato un habitat ideale che fornisce loro cibo e riparo. Ivan è un fenomeno ed è in grado di distinguere qualsiasi pianta, fiore ed animale. Ci mostrò piante medicinali, animali fino ad allora visti solo nei documentari, ed alberi da cui fuoriesce acqua (l’acqua più pura che abbia mai bevuto in vita mia!).

Bevendo acqua dall’albero

Fresca pelle di serpente appena cambiata
Ad un certo punto, dopo averne inghiottito uno, voleva anche farmi provare un verme a suo parere “al sapore di cocco”, ma rifiutai l’offerta. Ivan si offese, ma proprio non riuscivo ad inghiottire un verme che vive sottoterra.

Ivan mentre mangia il verme al sapore di cocco
Una volta finita la camminata tornammo a casa a riposare su delle amache vista fiume sul terrazzo di Jessica. Ci trattenemmo ancora un po’ con quella meravigliosa famiglia fino a quando Juan tornò a recuperarci con la sua canoa.

Io felice con la mia borsetta e corona di fiori
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Selfie con Juan
Era ora di andare. Ci chiesero di rimanere almeno un altro giorno, ma avevamo già tutto il viaggio organizzato. Promisi a Jessica e ad Ivan che un giorno sarei tornata, e che avrei scritto questo articolo per far sapere al mondo dell’esistenza di Gamboa, in modo che chiunque voglia vivere una delle esperienze più emozionanti del mondo durante il proprio viaggio in Amazzonia, possa mettersi in contatto con loro e raggiungere Gamboa.
Mentre ci allontanavamo con l’imbarcazione di Juan, Ivan e il resto della famiglia ci salutavano con la mano da lontano gridando “Hasta pronto!”, e spero di riuscire davvero a mantenere la promessa e tornare lì un giorno, per passare ulteriori fantastici momenti in uno degli angoli più belli e remoti della terra.