Vulcano Acatenango: L’esperienza di campeggiare durante un’eruzione in Guatemala
La scalata dell’Acatenango è sempre stata nella mia lista delle cose da fare almeno una volta nella vita. Durante il mio ultimo viaggio in centro America, infatti, ho scelto di visitare il Guatemala soprattutto per mettermi alla prova affrontando uno dei trekking più complessi che abbia mai fatto.
Ma, in fondo, campeggiare durante un’eruzione vulcanica, ed addormentarmi ascoltando il forte boato del vulcano mentre guardo la lava scendere incontrollata, non poteva mica essere una scampagnata!
Non posso negare che sia stata un’esperienza davvero dura. All’inizio addirittura credevo di non potercela fare. Ma poi, con calma e con molta determinazione, sono riuscita ad arrivare fino alla cima e a godermi uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto in vita mia.
In questo articolo
Scalata Acatenango: Come arrivare al vulcano più scalato del Guatemala
Il vulcano Acatenango è uno dei più alti dei 37 vulcani del Guatemala. Con i suoi 3976 metri è il terzo più alto, preceduto dal vulcano Tajumulco (4222 metri) e il vulcano Tacaná (4092 metri).
La scalata inizia a 2.400 metri d’altura, quindi il dislivello da superare è vicino ai 1.600 metri. Per cui, tenete presente che la scalata dell’Acatenango richiede una buona preparazione fisica!
Per iniziare questa incredibile avventura vi basterà trovare un’agenzia di viaggio ad Antigua, oppure chiedere direttamente al vostro ostello o hotel qual è la miglior opzione.
Nel mio caso, il mio compagno di stanza in ostello mi aveva consigliato l’agenzia con cui lui aveva fatto l’escursione, sia per il prezzo che per la qualità del servizio.
L’agenzia si chiama CA Travelers, e vi consiglio assolutamente di prenotare la vostra escursione con loro. In totale avevo pagato circa 60$ (trasporto, acqua, cibo, tenda, sacco a pelo e indumenti invernali inclusi), più 5$ che bisogna pagare all’entrata del parco.
Fate attenzione alle agenzie che vi diranno che il trekking è adatto a tutti, perché in realtà non è assolutamente così.
Ci tengo particolarmente a chiarire questo punto perché due persone del mio gruppo sono tornate indietro (perdendo quindi i soldi) poco dopo aver iniziato la scalata, in quanto lo sforzo per loro era troppo grande.
Coperto di cenere, e caratterizzato da migliaia di felci e pini verdi, l’Acatenango offre la possibilità di conquistare uno dei crateri più alti del Guatemala e vedere il mitico vulcano Fuego in azione. Lo sforzo vale sicuramente la pena, ma prima dovete essere sicuri di potercela fare.
Come sopravvivere alle 6 ore di scalata interminabili
In totale la scalata dell’Acatenango dura tra le 6 e le 7 ore, per cui preparatevi a sudare!
Ore 08:00
Il bus della mia agenzia arrivò in ostello alle 8 del mattino. Dopo aver completato tutto il giro degli ostelli di Antigua, ci portarono alla base dell’agenzia, dove ci rifornirono di cibo (c’è anche l’opzione vegetariana), indumenti (per chi come me viaggiava solo con vestiti estivi) e circa 5 litri d’acqua.
Vi raccomando di non riempire troppo lo zaino, portate con voi solo l’essenziale, perché il cibo, gli indumenti e l’acqua sono già abbastanza pesanti di per sé. Io ho commesso l’errore di portare con me un backpack pesantissimo (circa 10 kg) e ho dovuto pagare 15$ alla guida per farmelo portare fino alla cima perché ero stremata… Ad oggi posso dire che sono stati i soldi meglio spesi della mia vita! 🙂
Ore 11:30
Dopo aver fatto colazione, ed aver riempito gli zaini con l’essenziale, il bus arrivò in circa 50 minuti all’entrata del parco.
In quel punto, dove ci stavano aspettando le guide che ci avrebbero accompagnati durante il tragitto, è possibile noleggiare dei bastoncini da trekking (vi consiglio assolutamente di farlo!), e comprare cibo e bevande.
Eccoci qui, pronti per iniziare quella che sarebbe diventata una delle esperienze più intense della mia vita.
Ricordo che era circa mezzogiorno quando guardai l’orologio e pensai «È passata solo mezz’ora dall’inizio!». In tutta la scalata, le ore più dure furono le prime due e l’ultima.
Faceva un caldo infernale, avevo uno zaino pesantissimo sulle spalle, 5 litri d’acqua a mo’ di marsupio, e stavo soffrendo il mal di montagna. In un certo momento pensai: «Non riesco a respirare», ed a quel punto – proprio come mi era successo in Perù durante la scalata della Laguna 69 – la guida mi salvò la vita, facendomi ingerire due pastiglie utili per la cosiddetta “malattia di altitudine”.
Rimasi stesa a terra guardando le nuvole (e pensando “Ma chi me l’ha fatto fare!?”), per circa 10 minuti. Dopodiché m rialzai, consegnai il mio zaino ad una guida e continuai a camminare per le restanti 5 ore e mezza.
Ore 14:30
Durante il cammino, dopo circa 3 ore ci fermammo a mangiare, ricordo che fu un bellissimo pic-nic. Ero felice e soddisfatta di me stessa perché stavo riuscendo a tenere il ritmo del mio nuovo amico tedesco Josh, e della mia nuova amica polacca Madga, i quale nella vita non fanno altro che scalare montagne, a differenza mia che le uniche cose che di solito mi interessano sono visitare belle spiagge e surfare.
Mancavano solo 2 ore e mezza al traguardo, e mi sentivo super carica e piena d’adrenalina, in quanto quel tratto del percorso era piuttosto semplice, ma non sapevo che il peggio non era ancora arrivato.
Chi conosce minimamente i latino americani, sa che ogni volta che gli chiedi «Quanto manca?» ti rispondono, in spagnolo, «Ya casi estamos», anche se mancano 10 ore all’arrivo. Per cui, ad un certo punto, le parole dei nostri amici guide non valevano più, e mi rassegnai al mio destino, camminando con calma e fermandomi ogni qualvolta ne sentissi il bisogno.
Ore 16:00
Mancava un’ora all’arrivo o poco più. L’ultimo tratto, più degli altri, è tutto in pendenza, per cui ci si stanca più facilmente. Le mie gambe non reggevano più, a salvarmi erano stati i bastoncini da trekking. Camminavo per inerzia, e ciò che mi faceva continuare a muovere le gambe era il fatto che in cima avrei trovato un falò, del vino rosso, e i Marshmello ad aspettarmi.
Inoltre, è importante sottolineare che durante la scalata dell’Acatenango le temperature cambiano continuamente, per cui non facevo altro che indossare e togliere la felpa ogni 15 minuti.
In Guatemala ci sono andata da sola, per cui non avevo nessun amico accanto con cui lamentarmi. Tuttavia, ho avuto la fortuna di condividere l’esperienza con persone fantastiche, provenienti da ogni parte del mondo.
Colui che più mi incoraggiava era un signore colombiano sulla sessantina, il quale aveva una preparazione fisica molto migliore della mia nonostante io abbia più di 30 anni in meno di lui.
Ore 17:30
Dopo 7 interminabili ore arrivammo al famoso camping dove c’erano le tende, non ci potevo credere. Era come se stessi camminando tra le nuvole, mi sentivo come se fossi arrivata in paradiso.
Tra queste nuvole, il vulcano Atitlán (3535 metri) incombeva in lontananza. Dall’altra parte, le luci delle varie città cominciavano ad accendersi e, sullo sfondo, c’era Antigua.
Davanti a me c’era uno dei fenomeni naturali più impressionanti a cui abbia mai assistito. Il vicino Vulcano del Fuoco, a circa 2 chilometri da noi, emetteva fumo e lapilli e ci deliziava ogni 5 minuti con un boato super assordante.
Il meglio della scalata dell’Acatenango
Poco dopo l’arrivo, mentre finalmente assaporavo una cioccolata calda e del pane con la nutella, il vulcano era in piena eruzione. Vomitava lava ed enormi nuvole di fumo nero che si mescolavano alle nuvole circostanti, era uno spettacolo pazzesco.
.
Gradualmente il sole iniziò a scomparire tra le nuvole. Con la mancanza di luce, lo spettacolo naturale cresceva. Le esplosioni divennero sempre più violente e la lava cominciò a scorrere lungo le pendici del Vulcano del Fuego.
Con il calare del sole il freddo iniziava a farsi sentire, c’erano circa 5 gradi. Le guide accesero il falò e ci mettemmo tutti attorno al fuoco a raccontarci storie interessanti.
Non conoscevo nessuna di quelle persone, eppure mi sentivo a mi agio più che mai. Mi sentivo libera. Ero incredibilmente lontana dalla civiltà, e l’unica TV a mia disposizione era quel bellissimo vulcano tinto di rosso.
Cosa significa campeggiare di fronte ad un eruzione vulcanica durante la scalata dell’Acatenango
All’ora di cena avevamo già terminato quasi tutto il vino e, nonostante la stanchezza, non potevamo fare a meno di continuare a stare intorno al fuoco a ridere e chiacchierare.
Ormai ero diventata anche amica delle guide. Gli avevo chiesto di raccontarci una storia horror, e ne avevano di leggende interessanti da narrare, per cui – se vi piacciono le storie – vi consiglio di chiedergli di raccontarvele!
Alle 22 circa andammo tutti a letto, perché alle 4.30 la sveglia suonava per raggiungere la vetta del vulcano, per poi tornare a valle entro le 10 del mattino (al ritorno si arriva all’uscita in meno di 2 ore).
Ricordo che l’ultima immagine della giornata era stata la lava rosso scintillante che scendeva dal vulcano. Poi, una volta nel sacco a pelo, in procinto di dormire, a coccolarmi era il rumore delle esplosioni, e mi appisolai più tranquilla e felice che mai.
Mentre invece al mattino seguente, quando aprii la tenda, la prima cosa che vidi fu il fumo fuoriuscire del vulcano, dopodiché mi diressi alla panchina del camping, munita di sciarpa, giacca e cappello, e feci un’abbondante colazione ammirando il meraviglioso panorama che avevo davanti.
Non potevo credere ai miei occhi, né potevo credere a tutto quello che ero stata in grado di fare nelle ultime 24 ore.
Non importava più che all’andata della scalata dell’Acatenango in diversi momenti non riuscivo più a respirare, o che sentissi le gambe così pesanti da non riuscire più a muoverle.
Lo sforzo era valso assolutamente la pena, e fu allora che mi resi conto che i limiti esistono solo nella nostra mente.
The Comments
Federica Assirelli
Un’esperienza dura, ma sicuramente bellissima! Ho sperimentato anch’io il trekking ad alte quote in Cina, senza essere particolarmente allenata ed è davvero impegnativo…
Lucia
Federica AssirelliSi è davvero impegnativo, ma ne vale assolutamente la pena! 🙂